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La conservazione del patrimonio monumentale. Il vandalismo grafico

Anno: 2000

a cura di: Annamaria Pandolfi

Contenuti:

 

(Comas grafica srl) Roma 2000, formato 16x24, 136 pagine, illustrazioni a colori e in b/n, fuori commercio

 

 

 

 

ABSTRACT

 

La recente attenzione che le cronache quotidiane dedicano agli atti di vandalismo grafico sul patrimonio monumentale, insieme al diffuso interesse per i risvolti sociali e culturali di questo fenomeno, danno la misura di un’ampia partecipazione collettiva, benché non riesca a comporsi un giudizio comune sulle possibili soluzioni. Il quadro contraddittorio che emerge trova commentatori schierati su analisi sostanzialmente differenti, ciascuna delle quali coerentemente fondata: quella socio antropologica e quella mirata alla sola valutazione degli effetti, decontestualizzando le motivazioni dagli atti. È evidente che all’interno di interpretazioni così distanti, anche se in parte complementari, ci sia spazio tanto per possibili confluenze quanto per riconoscere l’indecifrabilità di alcuni moventi. I segni violenti del vandalismo sul patrimonio monumentale della città suscitano quella insofferente e perplessa, acuta e aspra sensazione di disagio, che è espressione di una reazione istintiva contro i comportamenti distruttivi rivolti ai luoghi preziosissimi della memoria individuale e collettiva, di cui la città, con i segni fisici che la costituiscono, è depositarla. L’attitudine alla difesa del comune patrimonio storico, della cultura cioè di ogni gruppo sociale con i suoi miti ed i suoi simboli, coinvolge l’intelletto e le emozioni in una sorta d’istinto di sopravvivenza: abolire la memoria rifiutando il passato è devastante perché sopprime gran parte della nostra identità. A questo riguardo anche sotto il profilo biologico non si registrano spostamenti sostanziali d’interessi e prospettive: tutti i sistemi viventi, infatti, ereditano una memoria collettiva della propria specie senza la quale non potrebbe perpetuarsi e rinnovarsi la vita stessa. Affiora alla mente, non come contraddizione ma come conferma, quanto sostenuto da Hegel sull’umanità: il progresso è avvenuto scartando l’obsoleto. I segni che tramandano la memoria attraverso le generazioni costituiscono monumenti non soggetti a dismissione e assicurano la sopravvivenza della cultura di cui sono il portato. Eppure non può passare inosservata la frequente assenza di attenzione, o peggio, la volontà di negare il valore primario che hanno per tutti noi i segni lasciati dall’uomo durante il lungo processo di antropiz-zazione del territorio: le abitazioni, le piazze, i mercati, i monumenti, i percorsi viari, i centri urbani, i luoghi della vita, insomma, tante volte trasformati e rifondati. Proprio il paesaggio costruito, soprattutto in Italia, fornisce un esempio preclaro di bellezza e ricchezza, non solo per la eccelsa qualità dei monumenti e del tessuto edilizio storico ma per la varietà delle costruzioni di epoche diverse, le cui tracce stratificate si sono sovrapposte ed integrate nel tempo contribuendo a formare la città odierna, densa di tante storie. D’altra parte la consapevolezza di possedere un patrimonio storico da proteggere di così alto valore è tutt’altro che scontata. Nell’intreccio, a volte irrisolto, tra interesse individuale e interesse pubblico prevalgono, troppo di frequente, sentimenti di avversione o addirittura comportamenti distruttivi nei confronti dei monumenti, tali da denunciare un mancato senso di appartenenza alla città. Condizione di estraneità che coinvolge soprattutto i giovani nei quali è presente, in qualche caso, una malintesa esigenza di autoaffermazione attraverso il rifiuto dei simboli più rappresentativi come i monumenti, oggetto privilegiato dei danneggiamenti prodotti dalle scritte vandaliche. Lo smunto e sbiadito riflesso del graffitismo artistico di matrice statunitense, che viene a volte invocato in Italia per dare plausibilità a distorte espressioni creative, fa da sfondo giustificatorio a questo tipo di comportamenti giovanili da considerare, invece, del tutto distruttivi quando coinvolgano centri antichi e monumenti, il cui valore estetico e storico non può, in ogni caso, essere accresciuto dalla sovrapposizione di nuovi segni. Non è accettabile, infatti, la confusione, a volte propiziata dalle analisi sbrigative e disinvolte dei media, con la “public art” praticata da giovani epigoni più o meno consapevoli di artisti come Keith Haring per il quale, tuttavia, l’espressione creativa dei graffiti era finalizzata a qualificare spazi privi di pregio estetico e non, al contrario, a danneggiare manufatti con un proprio valore artistico. Ed è proprio l’immediatezza e la rapidità del gesto che costituisce il carattere precipuo della cosiddetta “arte di strada”, nel solco della quale ritengono di agire i giovani graffiasti, a produrre “artisti” troppo spesso inconsapevoli dei danni a volte irreversibili che una scritta su un monumento provoca. A questo proposito è da affermare con chiarezza che sempre il vandalismo grafico sul patrimonio artistico deve essere ricondotto alla superficialità e incultura degli autori, non giustificabili con una sorta di giovanile titanismo causa delle rabbiose “spinte iconoclaste”. È questo un argomento da considerare con attenzione se si esamina il rapporto tra azione ed effetti: ad una scritta impressa sulla superficie di un manufatto artistico corrisponde un intervento di pulitura complesso, costoso e dagli esiti non sempre soddisfacenti, in funzione di molti fattori tra i quali la natura dei materiali imbrattati, il loro stato di conservazione e la vernice impiegata. Né, d’altra parte, si può considerare la rimozione delle scritte sul patrimonio monumentale un’operazione diversa da quella di restauro che richiede necessariamente un preciso controllo scientifico e tecnico e l’impiego di restauratori qualificati, in grado di mettere in atto i provvedimenti più idonei a garantire la conservazione dell’opera. La visione semplicistica di quanti riducono il problema della pulitura dei graffiti all’ambito della manutenzione delle strade costituisce, essa stessa, un’insidia che rischia concretamente di provocare ulteriori danni. Le strategie per un’efficiente soluzione del problema, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni conservative sul patrimonio storico, vanno tuttora definendosi in un’azione combinata, che si rivolge tanto alla ricerca scientifica per la messa a punto di prodotti e tecnologie d’intervento sempre più perfezionati e mirati, quanto alla capacità di prevenzione finalizzata alla sensibi-lizzazione delle giovani generazioni. La coscienza civile, e con questo s’intende anche l’apprezzamento ed il rispetto per il patrimonio culturale, si forma e si radica processualmente in ogni individuo, seppure rallentata da farragini, sfocature e tortuosità. Responsabile di questo percorso e dell’efficacia dei risultati è l’intera collettività ed in proporzione particolarmente significativa, la scuola attraverso il compito educativo che svolge. È evidente, quindi, che una iniziativa intrapresa per sensibilizzare i giovani contro il vandalismo grafico sui monumenti non poteva che essere rivolta alle scuole, tanto più che gli stessi giovani sono al contempo produttori e destinatari quasi esclusivi del cosiddetto graffitismo. Quando per la prima volta nell’anno scolastico 1996-97 l’Istituto Centrale del Restauro insieme all’ICCROM (Centro Internazionale di Studi per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali) ed al Comune di Roma hanno attuato il progetto “Stop al vandalismo grafico. Proposta per una campagna di prevenzione”, molte scuole, dalle elementari fino alle medie superiori, hanno risposto in maniera positiva aderendo attivamente alla proposta. A questa prima edizione ne sono seguite altre tre nei successivi anni scolastici e la quarta è attualmente in corso. Il programma dei lavori ha previsto una prima fase informativa rivolta agli insegnanti sui contenuti dell’iniziativa, supportata, tra l’altro, da materiali didattici appositamente elaborati. Gli stessi docenti hanno coinvolto i loro allievi nel corso dell’anno scolastico sui vari aspetti connessi al tema del graffitismo, stimolando un interesse ed una riflessione che ha consentito agli alunni di realizzare autonomamente, come sintesi dell’esperienza compiuta, un elaborato inedito prodotto dalla classe: il primo anno si è trattato di un manifesto con uno slogan, il secondo di una stripe a fumetti ed il terzo di un libro-gioco. I lavori ritenuti più efficaci hanno ricevuto un premio e sono diventati il mezzo per pubblicizzare diffusamente - sui muri della città, sugli autobus pubblici, sulle buste del latte, ecc.- la campagna cittadina contro il vandalismo grafico. L’intera operazione è stata sostenuta e arricchita da un programma articolato di visite a monumenti e cantieri di restauro, illustrati da personale specializzato, e da conferenze sui temi relativi al patrimonio culturale con particolare attenzione agli aspetti conservativi. L’obiettivo che ha animato l’iniziativa non è stato solamente quello di fornire agli studenti le informazioni essenziali sugli argomenti oggetto della campagna di sensibiliz-zazione ma soprattutto quello di sollecitare in essi la consapevolezza della propria identità culturale e della necessità di preservarla, consapevolezza da conseguire attraverso la partecipazione attiva e l’elaborazione personale dell’esperienza. Prova incontestabile di questo modo di procedere è stato proprio il lavoro realizzato, volta per volta, dagli studenti per il manifesto, la stripe a fumetti, il libro gioco: gli elaborati eseguiti testimoniano sempre, al di là della maggiore o minore qualità tecnica della realizzazione, la piena comprensione del tema, interpretato con creatività. Ai materiali didattici già elaborati dall’Istituto Centrale del Restauro nel corso delle precedenti edizioni della campagna di sen-sibilizzazione (una storia a fumetti per i più piccoli e un video) si aggiunge ora questo libro rivolto elettivamente agli insegnanti nella speranza di fornire un utile contributo di conoscenza a quanti partecipano all’educazione dei giovani ed alla formazione della loro coscienza civile. I differenti argomenti trattati, nella consapevolezza di come il tema del vandalismo grafico sul patrimonio monumentale si innesti necessariamente in quello della conservazione dei materiali costitutivi delle opere soggette a tale forma di danneggiamento, appaiono come le sponde di un insieme di coordinate che trovano coerenza attraverso un unico denominatore, quello del sapere specifico, nelle sue diverse declinazioni, come mezzo basilare per proteggere e assicurare al futuro la nostra eredità culturale. Il libro che presentiamo al lettore, in conclusione, si propone di rintracciare quel complesso sistema di relazioni tra ambiti della conoscenza apparentemente distanti, come l’analisi storico-critica e quella tecnico-scientifica, che concorrono a comporre il quadro di riferimento teorico e pratico della conservazione e del restauro dei monumenti, siano essi architettonici, urbani, storico-artistici, in ogni caso luoghi simbolici deputati a trasmettere attraverso le generazioni la memoria ed i valori comuni.

 

 

INDICE

 

Introduzione

Monica Ardemagni, Il patrimonio culturale

Marisa Laurenzi Tabasso, La fragilità del patrimonio

Giuseppina Vigliano, Alcuni aspetti tecnici sui graffiti

Giuseppina Fazio, Le scritte vandaliche come problema di restauro

Annamaria Pandolfi, Giuseppe Strappa, Materiali, struttura e forma nell’architettura

Marisa Laurenzi Tabasso, Le pietre naturali e artificiali

Giuseppina Fazio, Note e letture sulla lavorazione delle pietre e degli intonaci

Elisabetta Pallottino, La materia e il colore dell’architettura romana

Rocco Mazzeo, Monumenti in bronzo esposti all'aperto

Annamarìa Pandolfi, Prevenzione e difesa dei monumenti e degli spazi monumentali