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Le urne etrusche restaurate dall'ISCR esposte nella Sala di Augusto al Quirinale

Data: 29/01/2014

Nell'ambito della mostra "La memoria ritrovata. Tesori recuperatori dall'Arma dei Carabinieri" anche la straordinaria serie di reperti sottoposta nei mesi scorsi ad intervento di restauro

Le urne in travertino decorate a bassorilievo e dipinte, che costituiscono per la loro bellezza e raffinatezza esecutiva un importantissima testimonianza dell’arte etrusca, erano state scavate clandestinamente per essere immesse sul mercato privato e sono state recuperate nell’aprile 2013 a Perugia dai Carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio artistico.
Dall’ottobre 2013 al gennaio 2014 sono state sottoposte ad interventi diagnostici e di restauro a cura dell’Iscr, che hanno coinvolto i laboratori di Chimica, Fisica e prove sui Materiali, oltre alle restauratrici del laboratorio materiali lapidei e agli allievi del II e IV anno del Percorso Formativo Professionalizzante 1 (materiali lapidei). Nel corso dei lavori è stato possibile individuare strumenti di lavorazione e tecniche esecutive originali e riconoscere i pigmenti utilizzati per la decorazione.
Completato il restauro, le ventitré urne provenienti dalla tomba ipogea della famiglia etrusca dei Cacni sono ora esposte al Palazzo del Quirinale nella mostra La memoria ritrovata. Tesori recuperati dall’Arma dei Carabinieri, che ospita anche molte altre opere restituite al pubblico, esposte in due sezioi. Nella Sala degli Scrigni, nella Sala di Ercole e nella Sala Ambasciatori sono esposte opere che vanno dal VI a.C. al Settecento; la Sala di Augusto è invece completamente dedicata alla serie delle urne etrusche.
La mostra, che resterà aperta dal 23 gennaio al 16 marzo 2014, è promossa dalla Presidenza della Repubblica in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio artistico e organizzata da Civita.
Una relazione di sintesi dell’intervento è pubblicata sul catalogo della mostra, edito dal Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica e da Civita.
Alla chiusura della mostra, le opere verranno trasferite presso la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, per una loro definitiva esposizione museale.

Visita la pagina del sito di Civita dedicata alla mostra

 

Note di restauro

Presso la sede del Centro operativo del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale di Roma è stato allestito il cantiere per il restauro dei preziosi reperti che ha visto il coinvolgimento di un ampio gruppo interdisciplinare dell’Iscr (archeologo, due restauratori del Laboratorio dei materiali lapidei, esperti scientifici, fotografi e disegnatori) e la partecipazione di venti allievi appartenenti al II e al IV anno della Scuola di Alta Formazione dell’Istituto. Il contributo degli allievi della SAF è stato motivato dall’elevato livello formativo rappresentato dal restauro di tali manufatti e si è rilevato determinante al fine di assicurare il completamento degli interventi di restauro in un tempo assai ristretto.
Il carattere di eccezionalità delle urne non deriva soltanto dal fatto di essere parte di un contesto archeologico unitario e dalla loro rilevanza storico-artistica, ma anche da una loro sostanziale integrità, pur in una condizione di materica fragilità che ha prodotto mancanze e fratture, nonché dalla tecnica di esecuzione impiegata e dalla presenza di resti di policromia e doratura.

Nonostante le complesse vicende legate al loro recupero, molte delle urne erano ancora parzialmente ricoperte di depositi terrosi di diverso spessore, che in alcuni punti celavano il modellato e non consentivano di apprezzare le particolarità della lavorazione delle superfici. All’interno di alcune di esse erano ancora conservati i resti delle ceneri e ossa.

Le forme di alterazione presenti su quasi tutte le urne sono tipiche del materiale costitutivo, un travertino proveniente da cave vicine al luogo di rinvenimento. Oltre a fessurazioni e mancanze, appaiono infatti particolarmente rilevanti le profonde alveolizzazioni che rendono accidentata la superficie lapidea, tanto da rendersi necessaria in qualche caso, al momento della loro realizzazione, l’applicazione di uno strato di intonaco (stucco) con funzione livellante della superficie.

Diverse le problematiche conservative del sarcofago, scolpito in un’arenaria locale di matrice carbonatica, dove si riscontrano diffusamente fenomeni di disgregazione e scagliatura. Mancanze di diversa entità sono riscontrabili su quasi tutte le urne; quelle con decorazioni ad alto rilievo maggiormente aggettanti sono prive di parti del modellato o, per quanto riguarda l’urna Z, di frammenti della struttura. Alcune di queste mancanze, riconoscibili come più recenti, sono probabilmente dovute alle modalità del recupero, come molte abrasioni superficiali dovute alla benna di una ruspa.

Su alcune urne il sottile strato di intonaco di rivestimento che reca decorazioni dipinte appare lacunoso e disgregato; in altre erano presenti sulle parti a rilievo finiture policrome di cui restano solo piccoli isolati lacerti, come delle dorature che ne sottolineavano i particolari nelle urne F e Z. I pigmenti stessi, tranne nel caso del blu, meglio conservato, sono molto decoesi e scarsamente aderenti alla superficie.

Dopo la prima rimozione dei depositi superficiali, le urne che contenevano ceneri e frammenti di osso sono state accuratamente svuotate con un’operazione di microscavo che non ha evidenziato altri reperti oltre a quelli già noti. Il terriccio misto ai residui organici è stato conservato e catalogato.
Una pulitura puntuale eseguita a tampone ha permesso di rimuovere i depositi più aderenti alla superficie; particolare attenzione è stata dedicata alle aree con presenza di pigmenti e dorature. Le zone disgregate dell’intonaco e dei pigmenti sono state consolidate e le discontinuità della pietra sono state integrate mediante stuccature a base di malta di calce e sabbia, in sottolivello, solo dove interferivano con la lettura delle decorazioni e delle superfici.

Preliminarmente e durante gli interventi di restauro sono state condotte osservazioni e indagini scientifiche mirate allo studio della tecnica esecutiva, di cui si forniscono i primi risultati.
Sono stati eseguiti alcuni prelievi dagli strati pittorici presenti sulle urne con l’ausilio di un video microscopio. I campioni, in polvere o in microframmenti di pochi millimetri quadrati, sono stati osservati al microscopio ottico ed elettronico corredato da microanalisi a raggi X.
Sono state così individuate ocre rosse e gialle, lacca rossa, cinabro, blu egiziano e un nero vegetale. Questi colori risultano applicati prevalentemente su uno strato preparatorio a calce e polvere di marmo, benché in qualche caso (urne Z, P) siano stati dipinti direttamente sulla pietra.

Il blu egiziano è il pigmento più diffuso, impiegato come fosse una stesura di fondo in diverse urne; è stato identificato anche mediante una tecnica di rilevamento fotografico basata sulla fotoluminescenza che ha consentito di evidenziare anche minime tracce residue di pigmento.

E’ il primo pigmento sintetico prodotto fin dal III millennio a.C. in Egitto e nel vicino Oriente ed è stato ampiamente utilizzato nella pittura murale sino alla fine del periodo romano.

E’ costituito da un silicato di rame e calcio, con struttura analoga al minerale naturale cuprorivaite (CaCuSi4O10). La sua preparazione è riportata da Vitruvio che lo indica come  caeruleum affermando che è stato ottenuto per la prima volta ad Alessandria e successivamente a Pozzuoli. Vitruvio riferisce che veniva prodotto scaldando una miscela costituita da sabbia, fior di nitro (carbonato di sodio) e limatura di rame di Cipro (un composto del rame).
Le decorazioni a doratura delle due urne maggiori (E, Z) sono state eseguite con una lamina d’oro puro, posizionata su una preparazione ocracea.

Il restauro delle urne nasce dall’attiva collaborazione tra i Carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale e l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, che già in passato ha reso possibile la realizzazione di interventi conservativi su importanti opere e reperti archeologici.