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Restauri in corso
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Clipeo raffigurante il Salvatore Benedicente, Guidonia Montecelio (RM)
Clipeo ad affresco raffigurante il Salvatore Benedicente, provenienza: Guidonia Montecelio (loc. Marco Simone Vecchio, RM), cripta di San Nicola; sec. XII-XIII.
Grazie agli accertamenti eseguiti dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale presso un’importante casa d’asta statunitense, nel 2015 è stato possibile recuperare l’affresco del Salvatore benedicente asportato nel 1978 dalla chiesa rupestre di San Nicola di Marco Simone Vecchio insieme ad un altro clipeo raffigurante l'Agnus Dei, già sequestrato in Svizzera nel 1995 e confiscato nel 2010 tra i beni di un trafficante del settore antiquario.
L'oratorio, scavato in un banco tufaceo, conserva un importante ciclo di affreschi medievali e venne riscoperto dopo secoli di abbandono dai volontari del Gruppo Archeologico Romano che, vista la presenza tra i dipinti murali di una rappresentazione San Nicola, intitolarono la chiesa al santo vescovo. I successivi studi del topografo Jean Coste hanno portato in effetti ad identificare la cripta con l’“Ecclesia Sancti Nicolai” citata in una bolla di papa Callisto II dell’anno 1124 come possedimento del monastero romano dei Ss. Ciriaco e Nicola in via Lata.
Dato che la ricollocazione degli affreschi nel luogo di provenienza risulta di fatto irrealizzabile, la Soprintendenza competente per territorio ha disposto l'affidamento dei clipei in comodato al Museo civico archeologico Rodolfo Lanciani di Montecelio così da poterne garantire adeguate condizioni di conservazione e di pubblica fruibilità, nonché il legame con il territorio di provenienza ed ha richiesto al contempo, d'intesa con il Comando Carabinieri TPC, l'intervento dell'ISCR che ha inserito i due clipei nella programmazione didattica della SAF di Matera.
Il Cristo Pantocratore (XII-XIII sec.) era originariamente parte integrante della decorazione della volta dell’oratorio rupestre ed è arrivato nei laboratori dell’Istituto in uno stato di conservazione inevitabilmente compromesso dallo stacco, in seguito al quale si è frantumato in diversi frammenti. Il Salvatore benedicente è stato in primo luogo liberato dal supporto metallico posto in opera dopo il trafugamento, eliminando dal retro tutti i materiali sovrammessi all'intonaco originale.
Si è scelto quindi di progettare un nuovo supporto in fibra di carbonio, realizzato da Equilibrarte s.r.l., che fosse dotato delle necessarie caratteristiche di reversibilità e che permettesse di rispettare pienamente l'andamento convesso e irregolare del manufatto, senza comprometterne in alcun modo la materia originale. Il pannello, leggero e altamente performante dal punto di vista della resistenza meccanica e quindi rispondente anche alle future esigenze di musealizzazione, è stato realizzato tramite la scansione in 3D del retro del clipeo, eseguita nei laboratori dell'ISCR. Grazie all’applicazione di queste tecnologie innovative sia la malta di sottolivello, che segue per granulometria e tono cromatico l’intonaco originale, sia la cornice del pannello, realizzata con un profilato sagomato in lamiera zincata, riescono ad accompagnare l’innata curvatura del manufatto.
In occasione dell’esposizione dell’opera nel XXVI Salone del Restauro, dei Musei e delle Imprese Culturali di Ferrara (18-20 Settembre 2019), si è scelto di lasciare parzialmente a vista la superficie del supporto in fibra di carbonio in corrispondenza dell’angolo inferiore destro ai fini di una divulgazione scientifica delle metodologie di intervento adottate. Al di là delle soluzioni tecnologiche, il clipeo del Cristo Pantocratore può esemplificare in maniera significativa e concreta le pratiche dell’ISCR anche nel campo della presentazione estetica dell’opera d’arte e dei principi teorici che guidano le scelte critiche di ricomposizione dell’immagine. La fase di reintegrazione è al momento ancora in corso; dopo la pulitura e il consolidamento della pellicola pittorica è stata eseguita la demolizione delle vecchie stuccature e la realizzazione delle nuove a livello che sono state reintegrate con la tecnica del tratteggio ad acquerello. Le lacune meno importanti sono state chiuse mimeticamente “a tono”, mentre le mancanze più significative sono state trattate a “sotto tono” con velature di colore.
Gruppo di lavoro ISCR
Francesca Fabbri: progettista e direttore dei lavori
Maria Carolina Gaetani dell’Aquila d’Aragona: docente restauratore
Sara Iafrate, Paola Mezzadri: progettiste e direttori operativi per l’intervento di restauro
Fabio Aramini: progettazione e realizzazione delle indagini fisiche
Edoardo Loliva: progettazione e realizzazione riprese fotografiche
Angelo Raffaele Rubino: progettazione e realizzazione riprese fotografiche, realizzazione della scansione 3D per la progettazione del supporto
Alessandro Pierangeli, Flavio Garzia, Luciano Cinone: assistenza tecnica e logisticaAllievi 68°corso SAF di Matera: Emanuela Cardinale, Chiara Giannatempo, Alberta Paglione, Michela Renna e Giulia Simonelli
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Villa Farnesina-Chigi: Sala del Sodoma
Dalla documentazione d’archivio dell’Istituto dei primi anni ’70 appare evidente che i lavori al Lungotevere abbiano costituito la premessa per intraprendere quella “Revisione generale della decorazione ad affresco nel palazzo della Farnesina a Roma” di cui si parla già un decennio prima rispondendo all’invito rivolto nell’autunno del 1959 dal Presidente dell’Accademia dei Lincei. Se la Loggia di Galatea è il primo ambiente a cui si lavora (per effetto anche dell’allarme suscitato dalla caduta di porzioni dell’apparato pittorico), seguono subito ricognizioni nel resto della villa, nell’ambito di una campagna completa e approfondita di osservazioni e progetti d’intervento. La relazione tecnica allegata alla perizia di spesa n. 4 del 1 febbraio 1974, firmata dal restauratore Paolo Mora, prevede lavori di “consolidamento, pulitura e restauro degli affreschi del Sodoma e altri artisti del XVI secolo” e fa riferimento all’ “effettuazione del piano di lavori predisposto per il restauro dell’intera decorazione pittorica della Villa”. In merito alla Sala di Sodoma si legge che “tutti gli affreschi, molto danneggiati, hanno subito nel 1870 e agli inizi di questo secolo due restauri, con consistenti integrazioni dell’intonaco e rifacimenti della pittura. Allo stato attuale la superficie dipinta appare offuscata dai ritocchi alterati, mentre l’intonaco è in alcuni punti staccato dall’arriccio. La presente perizia prevede i lavori necessari per riparare ai danni suddetti, lasciando inalterati i rifacimenti ottocenteschi che non ricoprano parti originali e che risultino esteticamente accettabili e in buono stato di conservazione”. Per valutare la complessa situazione legata alla stratificazione dei vari restauri subiti dall’apparato pittorico viene anche chiesto un parere del Consiglio Superiore che, nella persona del presidente Argan, ribadisce la necessità che “siano rispettate le parti anticamente rifatte in corrispondenza delle zone prive di colore originale”. I restauratori coinvolti sono Mancinelli e Nerina Neri Angelini dalle cui relazioni manoscritte possiamo dedurre come anche in questo caso siano stati evidenziati gli stretti legami tra la vita conservativa dell’apparato pittorico e i notevoli accidenti strutturali occorsi all’edificio, le cui conseguenze in termini di lesioni e deformazioni sembrano aver prodotto ampi interventi di restauro già in epoca remota (si ipotizza a fine ‘500). L’intervento dell’Istituto comporta – fra l’altro – un ampio consolidamento per rimediare alle precarie condizioni di stabilità dell’intonaco e un’estesa operazione di rimozione del “denso beverone scuro dato a colla” risalente al Novecento e documentato dall’iscrizione “Vito Mameli restaurò nel maggio 1915”.
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Villa Farnesina-Chigi: Sala delle Prospettive
L’intervento dell’Istituto si avvia nell’ottobre del 1976 e viene realizzato dai restauratori Aldo Angelini e Nerina Neri Angelini. Nel catalogo della Mostra allestita in concomitanza con la conclusione del cantiere (1981) la dott. Rosalia Varoli Piazza, direttore dei lavori, sottolinea che una ridipintura a tempera ottocentesca copriva tutta la sala (eccetto il fregio) ed è stata rimossa previa esecuzione di saggi di pulitura che hanno confermato il buono stato di conservazione delle superfici originarie. Nella parte bassa della sala è risultato necessario intervenire con reintegrazioni a tempera in alcune zone interessate da scialbature che coprivano zone originali fortemente abrase, mentre le alterazioni cromatiche in corrispondenza delle finestrelle risultano legate a pregresse infiltrazioni di umidità. La dott. Varoli Piazza precisa che “la pellicola pittorica del fregio, logorata da precedenti drastiche puliture soprattutto nei fondi azzurri e nei verdi, era stata ritoccata ad olio e a tempera e successivamente ricoperta da uno strato di protettivo (o resina ‘ravvivante’). In questo caso ci si è limitati a rimuovere i ritocchi e il protettivo che col tempo si erano scuriti, ma non si è intervenuti sulla pellicola pittorica perché, anche se solo in parte conservata, consente comunque una buona lettura delle figurazioni e dello stile degli artisti […]. Le pesanti ridipinture di colore marrone-rossiccio delle nicchie sopra le porte e le finestre, con le figure di divinità, come pure i ritocchi a olio effettuati sopra la ridipintura a tempera ottocentesca dei paesaggi e delle vedute tra le finte colonne, sono stati asportati mediante solventi. Dappertutto l’affresco cinquecentesco sottostante è tornato in luce in condizioni più che soddisfacenti”.
Anche nella Sala delle Prospettive la storia conservativa degli affreschi risulta legata strettamente alla complessa situazione strutturale dell’edificio, all’origine di un articolato quadro di dissesti. La dott. Varoli Piazza precisa, infatti, che “distacchi di intonaco si erano verificati soprattutto in prossimità di consistenti fessurazioni. La parete est, in seguito al cedimento avvenuto perché poggiata ‘in falso’ sulla volta del salone sottostante, subì una lesione ad andamento parabolico con fessurazioni di ampiezza media di cm 8. Il cedimento è tuttora visibile sia nelle due grandi fessurazioni oblique, una delle quali interessa parte della figura di Apollo e il viso dell’amorino sottostante, sia nella posizione degli architravi delle due porte, che pendono sensibilmente verso il centro. Si cercò di ovviare a tale cedimento già nel 1775, con l’inclusione di una catena, mentre nel 1863-66 il duca di Ripalda costruì al piano inferiore un muro di sostegno […]. Per poter controllare eventuali movimenti delle murature sono stati applicati degli estensimetri alle fessurazioni – peraltro già documentate in antico – che sono state rimesse in luce con l’asportazione della ridipintura ottocentesca sulle quattro piattabande delle finestre”.
In merito alla rimozione o al mantenimento degli interventi di restauro precedenti, la dott. Varoli Piazza sottolinea che sono state adottate soluzioni diverse a seconda di valutazioni di tipo tecnico ed estetico, mantenendo l’intervento dove questo si presentava eseguito a regola d’arte e non interferiva con la percezione dell’opera originaria e rimuovendolo solo in rari casi, laddove comprometteva seriamente una corretta visione.
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Villa Farnesina-Chigi: Saletta del Fregio
Il restauro della piccola sala adiacente alla Loggia di Psiche e originariamente destinata a essere lo studio di Agostino Chigi, nonché luogo deputato alla lettura del suo testamento, si avvia nel 2003 per concludersi nel 2011, coinvolgendo sia le pareti che il soffitto ligneo cassettonato. A connotare l’ambiente è il fregio che si snoda nella fascia sommitale delle pareti, dipinto da Baldassarre Peruzzi con il probabile coinvolgimento di allievi tra il 1508 e il 1509, e popolato da scene mitologiche prevalentemente tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Prima che si avviasse l’intervento dell’Istituto, le pareti della sala si presentavano tappezzate con un tessuto monocromo fissato con punti metallici riconducibile agli anni 1950-60. Del restauro si occupano la dott. Marica Mercalli e l’arch. Annamaria Pandolfi (direttori dei lavori), e i restauratori Costanza Mora, Federica di Cosimo, Costanza Longo, Alessia Felici e Cristiana De Lisio. Come si legge nella loro relazione “dalla documentazione fotografica antecedente e da saggi effettuati all’inizio dell’intervento si è potuta recuperare l’immagine complessiva dell’ambiente, caratterizzata – alla fine dell’ ‘800 – dalla presenza di una decorazione a finti drappi, dipinti su carta applicata al muro che, agganciati alla cornice dipinta sotto il fregio figurato, ricadevano a coprire quasi interamente le pareti fino a un’altezza di 150 cm da terra. Lo stato conservativo si presentava critico specie nella parete nord (angolo nord-est) per l’azione di pregresse infiltrazioni d’acqua […] e per le ampie lacune della decorazione a finti drappeggi dovute ad ampi rifacimenti delle murature e al tamponamento di una traccia elettrica […]. Dopo il restauro del fregio con le storie mitologiche, il completo recupero delle superfici dipinte della sala, ossia il soffitto e le pareti, è stato affrontato in base ad un’articolata scelta critica e di metodo, attraverso il lavoro interdisciplinare di un’equipe di specialisti (architetti, storici dell’arte, restauratori, chimici e fisici) per giungere a una riproposizione organica dell’aspetto della sala così come si presentava alla fine dell’‘800, prima che l’occultamento della decorazione a drappeggi con i parati in tessuto rendesse le quattro pareti monocrome in funzione di un’esaltazione e di un ‘isolamento’ del brano decorativo ritenuto più importante, ossia il fregio cinquecentesco. L’intervento – particolarmente delicato e complesso perché tiene conto delle tecniche esecutive utilizzate in origine e del pessimo stato di conservazione delle superfici dipinte – ha richiesto la messa a punto di un procedimento tecnico sperimentale appositamente progettato e realizzato dopo numerosi studi e test”.
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