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Il parato in cuoio della Zambra del Misello nel Vittoriale degli Italiani

analisi storico-critica

La realizzazione della Stanza del Lebbroso costituì per Cadorin l’incarico di maggior importanza ricevuto fino a quel momento, rappresentando la significativa e stimolante occasione di lavorare per un committente colto, esigente ed affermato come D’Annunzio.

Gli arredi in cuoio realizzati per la stanza comprendono:

  • un parato inserito all’interno di specchiature predisposte nel rivestimento ligneo delle pareti;
  • quattro ampie tende collocate, rispettivamente, due davanti alla porta di ingresso e due a separazione dell’alcova, che si trova elevata di alcuni gradini rispetto al piano della stanza;
  • una coperta per il letto dell’alcova.

Regista dell’intera impresa architettonica e decorativa relativa al Vittoriale è l’architetto Giancarlo Maroni, che nel 1923 progetta l’edificazione della stanza, di forma trapezoidale, innestata sul lato nord-orientale dell’originaria Prioria. Ricostruendo la vicenda del suo arredo e della sua decorazione a partire dal carteggio tra D’Annunzio, Cadorin e Maroni, conservato nell’Archivio del Vittoriale, si comprende che la stanza viene concepita come luogo di ritiro e di meditazione, nonché come camera mortuaria, utilizzata per la madre e prevista dal poeta, in ultimo, anche per sé. L’aggettivo “francescano” ricorre spesso nelle righe di queste lettere, a ricordare un’intenzione di semplicità, solitudine e raccoglimento. La stanza, realizzata tra il febbraio del 1924 e il 27 gennaio 1925, data della morte della madre del poeta, è oggetto di un complesso programma iconografico legato alla vita monastica e al rifiuto della mondanità. La definizione stessa di “Stanza del Lebbroso” fa riferimento “a quella lebbra spirituale che è il culto, l’amore per il bello e per le cose vane e caduche” (Terraroli, 2001).