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Gli affreschi di Polidoro da Caravaggio dal Casino del Palazzo del Bufalo a Roma

tecniche di esecuzione

Il restauro del ciclo pittorico del Bufalo - rarissimo esempio superstite della vasta produzione romana in chiaroscuro  -  ha offerto l’occasione di evocare il contesto culturale e materiale cui attinge la creatività di Polidoro nella produzione degli apparati decorativi di facciata. Il clima culturale della Roma dei Papi prevedendo l’adesione ai modelli antichi portò alla commissione, per il prospetto principale, di una decorazione all’antica evocativa del mito e degli eroi. Vitruvio parla del monocromo nel passo sulla megalografia come di un genere utilizzato per decorare le ambulationes; Plinio riferisce dei monochromata ex albo, in bianco, ma anche realizzati con la rubrica, in terra rossa. Come spiega Vasari, la pittura in monocromo ad  affresco è una pratica veloce, che si realizza con stesure a base di bianco di travertino, terretta e nero carbone. Le terrette, il nero carbone e il bianco variamente miscelati, costituiscono la materia ideale per simulare sul piano la tridimensionalità scultorea ed anche per contraffare la materia nelle sue caratteristiche ottiche, sia essa marmo bianco, policromo o bronzo.

La peculiarità del monocromo cinquecentesco è la sua collocazione in esterno. I dipinti mostrano rari segni di sovrapposizioni d’intonaco riconducibili a pontate, mentre non sono state rilevate, a dispetto della ricchezza compositiva di alcuni pannelli, segni di giornate. Si tratta perciò di grandi stesure orizzontali d’intonaco pozzolanico, applicate partendo dall’alto, in accordo con la tradizione romana, sulle quali, gli elementi principali della composizione, i volti in particolare, sono disegnati con l’ausilio di cartoni, il cui utilizzo è documentato dal rilevamento di incisioni indirette. Il pittore applica pertanto ad affresco le campiture pittoriche di base riservando alle stesure finali l’ipotetico impiego di sistemi misti. La rete dei segni impressi è ricca e fluente e spesso non aderente alle stesure pittoriche. L’impressione che si ricava dall’osservazione delle superfici è che l’incisione venga utilizzata come uno stilo o una sanguigna per realizzare uno schizzo, con la stessa libertà esecutiva e creativa. Le incisioni dirette sono limitate alle rare partiture architettoniche della composizione. Dai fondi più scuri, per creare l’effetto sfondato nella parete, emergono statuarie le figure, rese da masse possenti. Si alternano variazioni della miscela a base di bianco di calce, nero ed ocra gialla, in sovrapposizioni molteplici. I volumi “girano” intorno ai passaggi scuro-chiaro-chiarissimo del bianco puro, utilizzato anche in velature trasparenti, come nelle chiome di Andromeda e della Fortuna, rese con spirito calligrafico.

In piena rispondenza con la descrizione vasariana abbiamo la vista illusionistica di una parete scolpita, se osservata a distanza, ma rileviamo ad un’osservazione ravvicinata, l’importanza del disegno nero di contorno. E’ andato parzialmente e inevitabilmente perduto, come anche le lumeggiature, il contorno in nero carbone, spesso soggiacente alle pennellate di colore o che sembra essere lasciato appositamente in vista solo in alcuni tratti; in alcuni dettagli brilla nella sua purezza, dando concretezza materiale all’eccezionale abilità acquisita da Polidoro nell’esecuzione del disegno dove in pochi anni passa dal “portar lo schifo” alla celebrità come pittore d’istorie.