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Gonfalone storico dell'università La Sapienza di Roma

intervento di restauro

Il restauro ha interessato unicamente le zone originali del manufatto la cui seta, di supporto ai ricami, appariva piuttosto infragilita e lacerata. L’iniziale progetto di un intervento da compiere senza scucire il riquadro centrale dalle fasce laterali e dalla fodera dell’ultimo intervento, è stato abbandonato dopo l’attenta osservazione delle cuciture del confezionamento, che, lungo i galloni tra i teli e lungo il perimetro degli stemmi, si erano rivelate non originali e piuttosto non curate. In più, lo stato conservativo mediocre (gore dovute a percolature di acqua, offuscamento superficiale da particellato, lacerazioni diffuse) indirizzava verso la pulitura ad umido. Dopo le consuete operazioni di documentazione, indagini scientifiche[1] e test, è stato possibile procedere alla pulitura della superficie contemporaneamente allo smontaggio del riquadro centrale e delle fasce verticali sia dalla fodera interna che dal tessuto nuovo dell’intervento più recente, totalmente eseguito con cuciture a macchina che creavano anche lievi tensioni. La pulitura è stata compiuta per mezzo di aspirazione, vaporizzazione con apparecchio ad ultrasuoni e infine con l’intervento ad umido su tavolo aspirante, utilizzando piccole spugne in lattice permettendo così la rimozione delle gore e del particellato, e la carta assorbente per far depositare le sostanze solubilizzate e favorire una iniziale asciugatura. La seta ancora umida è stata quindi posizionata correttamente secondo l’ortogonalità orditi/trame avendo cura di risanare le deformazioni anche createsi nelle zone attigue alle lacerazioni. L’intervento di restauro a cucito a “punto posato”, con filati in seta e aghi chirurgici, ha ricomposto tutte le lacerazioni e le zone con trame svincolate dalla rottura degli orditi. Ha consolidato anche alcune parti del ricamo (soprattutto nelle ali del cherubino) che sono state poi protette con tulle di colore intonato. La fodera interna, composta da più parti cucite tra loro, molto deformata, era stata resecata durante l’intervento più recente, così da non essere di rinforzo nella parte superiore ed inferiore. Potenzialmente dannosa, con residui di adesivi e macchie evidenti, non assolvendo più la sua funzione strutturale è stata rimossa preferendone la sostituzione con una nuova (costituita dall’accoppiamento a cucito di due tessuti di cotone e di monofilo di poliestere). Pertanto si è ricomposta l’opera su un supporto funzionale formato accoppiando a cucito un tessuto di cotone/poliestere grigio-azzurro e un tessuto trasparente di poliestere. Il primo ha avuto la funzione di chiudere otticamente alcune piccole lacune nel consolidamento a punto posato delle zone lacerate; il secondo ha avuto il compito di garantire l’indeformabilità e la stabilità del nuovo sistema venutosi a creare. L’intervento si è concluso con l’applicazione a cucito del tessuto bicolore giallo-amaranto relativo al precedente intervento.

La rimozione del confezionamento ha permesso di osservare sia la tecnica di esecuzione dell’oggetto sia le successive modifiche al ricamo. I ricami eseguiti direttamente sulla seta azzurra si sono rivelati troppo pesanti e hanno rappresentato quindi la causa macroscopica dell’indebolimento e delle lacerazioni del tessuto. La fodera originale interna in lino cerato perciò non ha mai avuto funzione di supporto dei ricami ma quella di sostenere internamente la struttura del gonfalone attraverso le cuciture perimetrali e verticali (nascoste sotto i galloni) che la fissavano al recto e (molto verosimilmente) al verso oggi perduto. Sul rovescio del riquadro centrale erano visibili integrazioni e modifiche localizzate sul viso del cherubino e sulla M della scritta CHERUBIM. L’osservazione a 60 e 220 ingrandimenti (microscopio digitale Dino-lite) ha reso più evidente i fori lasciati dal passaggio di un ago per ricamare un’altra lettera (una N) e le analisi scientifiche hanno attestato l’uso di una identica tipologia di filati policromi per l’integrazione del ricamo e per il fissaggio della canutiglia utilizzata nella scritta. La M oggi appare ancora dorata, si differenzia dalle altre lettere perché sebbene sia identica per tipologia costruttiva non lo è nella composizione chimica. E’ a base di rame, il resto della canutiglia è in argento dorato[2]. Questa particolarità rende indubbio un intervento della stessa ditta produttrice, che utilizzava moltissime varietà di filati metallici piuttosto simili tra loro, cui si può riferire una modifica eseguita poco dopo l’esecuzione del manufatto.

La tipologia dell’oggetto, il simbolo del cherubino e lo stile del gonfalone della Regia Università di Roma derivano da una riflessione espressa circa vent’anni prima da Domenico Gnoli[3], in un articolo del 1913[4]sul Giornale d’Italia, in cui poneva il problema della realizzazione grafica di un nuovo stemma o sigillo per la Regia Università e proponeva come fonte “l’opportunità di considerare l’insegnamento di san Tommaso”, per il quale la denominazione di cherubino significa pienezza di conoscenza o effusione di sapienza, “riportandone intorno al Cherubino, nuovo stemma dell’università, la citazione letteraria “Cherubin interpretatur plenitudo scientiae”[5]. E’ la parola CHERUBIN che compare nel bozzetto a colori[6], a firma del Conti che servì per la realizzazione del gonfalone. Dopo la cerimonia di inaugurazione dei Giochi[7]del settembre del 1933, i gonfaloni delle università furono esposti nella Mostra documentaria di Vita Goliardica in programma a Torino presso la Galleria “Il Faro”[8] fino alla metà del mese e solamente il 18 novembre[9], a Roma, nel giorno dell’inaugurazione dell'Anno Accademico 1933-34, il gonfalone sfilò con il corteo storico nel cortile della sede di Sant’Ivo alla Sapienza. Sul vessillo campeggiava, nell’iscrizione, la parola CHERUBIM. E’ logico pensare che nel lasso di tempo intercorso tra i giochi universitari e l’inaugurazione dell’anno accademico possa essere avvenuta la modifica al ricamo, dato che non riproponeva le parole esatte di san Tommaso D’Aquino[10], a carico della stessa ditta che fornì per l’occasione le toghe[11]. Una buona documentazione fotografica del settembre 1933 non si è rinvenuta finora... e avrebbe testimoniato ulteriormente la modifica della scritta. Neanche purtroppo si è rinvenuto nessun documento scritto che potesse indicare la persona che si accorse del "cherubin" errato! Il momento del restauro, ancora una volta, ci immerge nella storia delle opere oggetto di nostra cura e conservazione: si conferma come unico particolare attimo di analisi in cui possono svelarsi tutte le modifiche occorse se riusciamo anche ad avere l’opportunità di “leggerle” con l’ausilio della ricerca storica e d’archivio.

Foto testo: particolare dell'intevento di umidificazione puntuale

 

[1] Laboratorio ISCR di Chimica, Dott.ssa Marcella Ioele. Le indagini di tipo non distruttivo sul manufatto, hanno l’obbiettivo di avere delle informazioni sui materiali costitutivi e sulla tecnica di esecuzione, in particolare sulla composizione dei filati metallici impiegati nelle decorazioni. Vedi sotto-scheda “Indagini diagnostiche”

[2] L’analisi XRF mette in evidenza la presenza di filati metallici differenti. Vedi sotto-scheda “Indagini scientifiche”

[3] Domenico Gnoli (Roma 1838-1915). Laureato alla Sapienza, poeta e storico, fu professore di Letteratura all’università di Torino. Dal 1881 prefetto dellaBibliotece Nazionale centrale di Roma passò a dirigere negli anni successivi la Biblioteca Lancisiana e Angelica. Scrisse versi (sotto pseudonimi) e pubblicò articoli sul Giornale d’Italia.

[4] D. Gnoli, Il Gonfalone dell’Università Romana, in “Il Giornale d’Italia”, 27 gennaio 1933, p.3. Articolo rinvenuto in copia presso Archivio di Stato di Roma, coll. priv. Dott.ssa Adorni. Altra copia dattiloscritta in A.S.S., Arch. Gen., b. 46, pos. 14, fasc. Giochi universitari a Torino,1933

[5] B. Azzaro, La Sapientia dello Studium Urbis di Roma, in «Studi Romani», Anno LIII, NN.364, Luglio –Dicembre 2005, pp.491-496

[6] Bozzetti a matita e guache su cartoncino, a firma di GB Conti sono conservati presso l’ufficio di segreteria del Rettorato della Sapienza.

[8] A.S.S., Arch. Gen., b. 46, pos. 14, fasc. Giochi universitari a Torino,1933 Di quella esposizione non si è reperita finora una documentazione fotografica che potrebbe testimoniare la modifica della scritta centrale avvenuta tra i Giochi e il giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico. Alla 1°mostra documentaria di vita goliardica, “Vent’anni”, la rivista ufficiale del G.U.F. di TORINO di Guido Pallotta, dedicò il n.12, 1933-XI.

[9] Si legge dalla corrispondenza che la data dell’inaugurazione dell’anno accademico subì variazioni e fu procrastinata di alcuni giorni fino al 18 novembre. In una nota vergata da Spano si richiede l’intervento urgente del sig.Tora, ma non si è rinvenuto purtroppo alcun legame con la ditta Tanfani e Bertarelli. A.S.S., Arch.Gen. Serie Affari Generali, b.137, fasc.111

[10] I serafini presiedevano alla carità e i cherubini alla scienza (nome ebraico Cherubim). Tommaso D’Aquino, Somma teologica, vol. 1, Prima parte, Questione 108: L’ordinamento degli angeli in gerarchie e ordini. p.1180

[11] Corrispondenza e fattura della ditta Tanfani e Bertarelli A.S.S., Arch.Gen. Arch. Gen., b. 46, pos. 14, fasc. Giochi universitari a Torino,1933