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Restauri conclusi
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Il San Giovanni Battista di Luigi Valadier, battistero Lateranense
L’intervento di restauro della scultura in bronzo di San Giovanni Battista di Luigi Valadier si è svolto nell’ambito di una convenzione stipulata tra la Galleria Borghese e l’Istituto, in occasione della mostra ‘Valadier. Splendore nella Roma del settecento’, inaugurata il 30 ottobre 2019 e dedicata esclusivamente all’opera del celebre orafo, ebanista e bronzista romano. La scultura, trasferita dal Battistero di San Giovanni in Fonte in Laterano, ove è normalmente custodita, è stata collocata temporaneamente nel portico della Galleria Borghese, lato destro, spazio allestito nella forma di cantiere aperto ai visitatori del museo in cui si è svolto l’intervento di restauro.
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La testiera in bronzo da Vulci
L’intervento di restauro della testiera di cavallo in bronzo, proveniente dalla Tomba 1, detta ‘delle mani d’argento’, della necropoli dell’Osteria di Vulci, si colloca nell’ambito della collaborazione, instauratasi già dal 2013, tra l’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale e questo Istituto. Nel corso della collaborazione fu restaurata anche la pregevole coppia di mani che da il nome alla tomba e vennero studiati altri manufatti associati ad uno sphyrelaton del defunto.
La testiera, rinvenuta nella camera A della tomba, era stata recuperata dalla restauratrice Teresa Carta della Fondazione Vulci, ente gestore del Parco Naturalistico Archeologico di Vulci. Dalla Fondazione, inoltre, era stata fatta eseguire una ripresa radiografica del manufatto che ha agevolato le successive fasi di messa in evidenza dei numerosi elementi svolte presso questo Istituto.
Alla testiera è stato indiscutibilmente associato un morso in bronzo fuso, proveniente dallo stesso ambiente, con montanti rappresentanti ciascuno un cavallo sormontato da un cavallino minore e con due anatre stilizzate fra le zampe.Gli esiti preliminari del lavoro di studio condotto su tutti i manufatti rinvenuti nella tomba sono raccolti in A. Russo Tagliente (a cura di), Principi immortali. Fasti dell’aristocrazia etrusca a Vulci, Roma 2014, Gangemi Editore, catalogo pubblicato in occasione della omonima mostra realizzata presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia dal 30 aprile al 30 giugno 2014.
Il Gruppo di studio sui reperti della tomba 1 fu così costituito: aspetti archeologici: Patrizia Petitti e Simona Carosi (ex SBAEM), Giovanna De Palma (già ICR); indagini scientifiche: Giulia Galotta (ICR), Maria Rita Giuliani (ICR), Giuseppe Guida (già ICR), Paola Santopadre (già ICR), Giancarlo Sidoti (ICR), Marco Verità (Stazione Sperimentale del Vetro – Venezia); recupero e restauro: Teresa Carta (Soc. Mastarna – Montalto di Castro), Stefano Ferrari (ICR), Davide Fodaro (ICR); documentazione: Edoardo Loliva (ICR).
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Le mani d'argento
Nel corso del 2013 la allora Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale coinvolse l’Istituto nel restauro di una coppia di mani in lega d’argento rinvenute, e già prelevate, all’interno della tomba 1 a camera, dall’area C della necropoli dell’Osteria, situata a nord della cittadina etrusca di Vulci. I due reperti, dopo il recupero, erano stati trasferiti presso il Laboratorio di Restauro e Diagnostica del Paco di Vulci, situato nella cittadina di Montalto di Castro, ove si sarebbe svolto il restauro.
L’eccezionalità del rinvenimento, sia per tipologia che per materiale costitutivo, unitamente alla particolarità anche di altri manufatti rinvenuti all’interno della sepoltura, ha fatto emergere in breve tempo la necessità di costituire un più ampio gruppo di lavoro che comprendesse storici, scientifici e tecnici, tanto della Soprintendenza e del laboratorio di restauro ospitante, quanto dell’Istituto.
La tomba 1 della necropoli dell’Osteria, databile appena dopo la metà del VII secolo a.C. e di rango evidentemente principesco, benché sconvolta da più interventi clandestini, rappresenta, soprattutto con il rinvenimento della coppia di mani, una ulteriore tappa nel dibattito riguardante i particolari aspetti del culto funerario del territorio vulcente dell’epoca, caratterizzato dalla presenza nelle sepolture di statue polimateriche del defunto (sphyrelata).Gli esiti del lavoro sono raccolti in A. Russo Tagliente (a cura di), Principi immortali. Fasti dell’aristocrazia etrusca a Vulci, Roma 2014, Gangemi Editore, catalogo pubblicato in occasione della omonima mostra realizzata presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia dal 30 aprile al 30 giugno 2014. La stessa mostra, successivamente, si è tenuta anche presso il Museo Nazionale dell’Abbadia di Vulci e, infine, presso il Museo del Cinquantenario a Bruxelles.
Il Gruppo di studio sulle mani d’argento e su altri reperti della tomba fu così costituito:
aspetti archeologici: Patrizia Petitti e Simona Carosi (ex SBAEM), Giovanna De Palma (già ICR); indagini scientifiche: Giulia Galotta (ICR), Maria Rita Giuliani (ICR), Giuseppe Guida (già ICR), Paola Santopadre (già ICR), Giancarlo Sidoti (ICR), Marco Verità (Stazione Sperimentale del Vetro – Venezia); restauro: Teresa Carta (Soc. Mastarna – Montalto di Castro), Stefano Ferrari (ICR), Emanuele Ioppolo (restauratore).
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L'ascia in bronzo dal Villaggio delle Macine
L’ascia in bronzo con immanicatura lignea, oggetto dell’intervento di restauro svolto presso l’ Istituto, proviene dal sito palafitticolo denominato “Villaggio delle Macine”, situato sulle rive del lago Albano e risalente al Bronzo Medio (2140 – 1490 a.C.). Il sito è stato oggetto di numerose campagne di ricognizione e recuperi a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso e si è rivelato di estremo interesse, poiché si configura come il più antico villaggio protostorico di pescatori abitato stabilmente.
Le campagne di scavo, dirette prima da Annalisa Zarattini e poi da Micaela Angle, hanno restituito, fra l’altro, diverse asce in bronzo, testimonianza di una produzione metallurgica evoluta.