- home
- Restauri - Restauri conclusi
Restauri conclusi
-
Il Pastore di Arturo Martini
Il Pastore di Arturo Martini, opera della Galleria d'Arte Moderna (GAM) a Roma, capolavoro della collezione capitolina e della scultura italiana del 900, un'opera tra le più suggestive della maturità dell'artista, è arrivata in istituto nel maggio del 2014. L'opera aveva subito nel tempo danni molto gravi ed era necessario verificare il suo stato di conservazione e l'efficacia nel tempo dell'importante restauro del 1975, ove furono pazientemente ricomposti i frammenti dopo una caduta accidentale. Il Pastore è stato in Istituto per un anno intero che ha aggiunto al restauro propriamente detto, un'attività quasi investigativa, indagando minuziosamente la materia attraverso il lavoro di un’équipe multidisciplinare. Nell’ambito dei fattivi rapporti di collaborazione che da anni intercorrono tra le due istituzioni, il lavoro è stato finanziato dalla Fondazione Paola Droghetti onlus grazie all’erogazione di due borse a due giovani restauratori diplomati presso la Scuola dell’ISCR, Susanna Bassotti e Enrico Cragnolini .
Grazie alla stessa Fondazione è stato anche pubblicato il volume Potenze Naturali. Il Pastore di Arturo Martini. Storie di restauro, a cura di M. Catalano, L. D’Agostino, Gangemi Editore, Roma 2015.Si ringrazia l'ingegnere Giovanni Aliprandi per la sua preziosa consulenza nell'ambito della tecnologia di produzione delle argille refrattarie.
Si ringraziano inoltre i colleghi ICR: Roberto Ciabattoni, per il contributo dato all'indagine endoscopica effettuata all'interno del basamento della scultura, Giovanni Carelli, Flavio Garzia e Alessandro Pierangeli per le movimentazioni dell'opera. -
Autoritratto in argilla di Ippolito Scalza, Orvieto
In questa sede si presenta il restauro di una testa in argilla proveniente dai depositi dell’Opera del Duomo di Orvieto. La testa è quel che rimane di un modello in argilla della statua marmorea di San Tommaso, realizzata da Ippolito Scalza e posizionata nella cattedrale nel 1587, nell’ambito del progetto del ciclo scultoreo dell’Apostolato. E’ testimoniato che la figura di San Tommaso sia un autoritratto di Ippolito Scalza, che si ritrae qui in veste di architetto.
Escludendo il basamento, la testa è alta circa 45 cm, realizzata con argilla caricata con fibre di materiale organico e rifinita superficialmente con uno scialbo bianco di calce. Attualmente risulta vincolata a un basamento in marmo con il logo dell’Opera del Duomo, risalente probabilmente al 1882.
Il restauro, condotto nel laboratorio “Ceramiche, Vetri e Smalti” dell’ISCR, ha offerto l’occasione di studiare questa pregevole opera e di approfondire le tecniche esecutive che l’artista ha usato per costruire il modello della statua. Oltre a ciò, le problematiche conservative che poneva erano piuttosto insolite, data la peculiarità del materiale costitutivo.
Il manufatto versava in preoccupanti condizioni di degrado e per eseguire l’intervento di restauro è stato necessario fare un’attenta selezione dei materiali da usare, al fine di identificare quelli più idonei.
L’opera risultava compromessa anche dal punto di vista statico, pertanto è stato indispensabile creare un nuovo sistema di sostegno, per la cui realizzazione ci si è avvalso delle collaborazione con la ditta Equilibrarte (Antonio Iaccarino Idelson, Carlo Serino).Inoltre si ringrazia Alessandra Cannistrà dell’Opera del Duomo di Orvieto per la sua cortese collaborazione.
Il lavoro è stato oggetto della seguente pubblicazione:
Huber E., Iaccarino Idelson A., Serino C., Cannistra A., Il restauro di un’opera d’arte molto degradata: la testa del modello in argilla della statua di san Tommaso dal Duomo di Orvieto, in In: Lo Stato dell’arte, XIV Congresso Nazionale IGIIC, L’Aquila 20-22 Ottobre 2016, pp. 279-288
... -
Anfora in vetro da Montecilfone, Campobasso
Nel giugno del 2015 è stato portato nel laboratorio “Ceramiche, Vetri e Smalti” un reperto in vetro frammentario proveniente da una sepoltura femminile nella località Montecilfone (CB) in Molise. Si trattava di un’anfora in vetro dal colore poco leggibile perché scurito per effetti dell’interramento, estremamente frammentata, che al suo arrivo era ancora nel blocco di terra con il quale era stata recuperata dallo scavo. Il pessimo stato di conservazione del manufatto rendeva l'intervento di restauro delicato e difficile.
Con il presente contributo si intende illustrare questo tipo di intervento.
Prima dell’ intervento di restauro la forma del vaso era poco comprensibile e classificata come “probabile brocca”. Solo nel corso del restauro si è potuto accertare che si tratta di un' anfora in vetro leggermente verdognolo, alta circa 21cm. Ha un corpo globulare fino alla spalla, a partire dalla quale si assiste ad un cambiamento del profilo. Dalla spalla si innestano due anse verticali a nastro con nervature centrali, che finiscono sul collo cilindrico. Questo si allarga poi a imbuto e termina in un labbro ripiegato, decorato esternamente con dei filamenti in vetro applicato.
Lo spessore del vetro è molto disomogeneo e varia da molto sottile (meno di un millimetro sul ventre) a molto grosso (per esempio lo spessore delle anse, di ben 5 mm). Il manufatto è ottenuto per soffiatura a bocca, con successiva applicazione del piede ad anello e delle due anse.
Si tratta di un tipico oggetto della produzione del vetro romana del III. sec. d.C., datazione confermata anche dagli altri reperti rinvenuti nella tomba. -
Il Presepe del Museo Nazionale d'Abruzzo, L'Aquila
L’intervento conservativo svolto dall’ISCR, a seguito del sisma aquilano del 2009, sul Presepe, opera del XVI sec. in terracotta policroma e dorata, attribuita al noto artista abruzzese Saturnino Gatti, ha offerto l’opportunità non solo di studiare e confrontare da un punto di vista stilistico questo gruppo scultoreo, ma anche di comprendere e approfondire le tecniche di esecuzione, confrontandole con varie opere in terracotta dello stesso ambiente e periodo, sulla scorta delle conoscenze e dei dati acquisiti durante il lavoro di restauro.
Tra le opere a confronto si è ritenuto di prendere in considerazione un'opera certa di Saturnino Gatti, la "Madonna con il Bambino " della Basilica di Collemaggio, oggetto di particolari attenzioni conservative da parte dell' Istituto, per verificare e confrontare con il "Presepe", solamente attribuito al Gatti, sia le tecniche di esecuzione ma anche i nessi stilistici, o le differenze nel ductus operandi sulle due opere, per rintracciare eventualmente una differente mano artistica vicina a Saturnino Gatti.
Tra i tanti autorevoli artisti del rinascimento aquilano, si ipotizza che Paolo Aquilano il vecchio, autore del Presepe di Leonessa, possa aver lavorato al Presepe di Santa Maria del Ponte.Il lavoro è stato oggetto della pubblicazione dal titolo: Il restauro di due opere in terracotta dipinta, il Presepe di Santa Maria del Ponte e la Madonna di Collemaggio, editore Gangemi.
- 1
- 2