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Storie di Sant'Orsola. L'arrivo a Colonia, Vittore Carpaccio, Gallerie dell'Accademia, Venezia

indagini scientifiche

Per la caratterizzazione dei materiali e lo studio della tecnica di esecuzione sono state impiegate indagini non invasive fisiche (radiografia X, fluorescenza UV, falso colore IR, imaging IR), biologiche (microscopia ottica) e chimiche[1] (XRF, sezioni stratigrafiche, SEM-EDS, GC-MS).

 

Fluorescenza UV

La fotografia della fluorescenza indotta da radiazioni ultraviolette, indagine estensiva e non invasiva, ha consentito di evidenziare informazioni legate alla tecnica esecutiva e alla storia conservativa dell’opera. Si mostra la foto della fluorescenza UV dell’intero dipinto (fig. 1) che evidenzia in modo significativo il deterioramento presente in corrispondenza delle vecchie cuciture (attuali giunzioni), e ne mostra anche l’andamento curvilineo. In basso, si individuano due inserti (di tessuto), il primo nell’angolo a  sinistra e poco distante il secondo. In corrispondenza della testa del cane, si individua una colatura  (figg. 1 e 2). Inoltre, si apprezzano le aree con abrasioni e quelle interessate da precedenti restauri e con ritocchi.

 

Falso colore IR

La documentazione ottenuta attraverso l’indagine all’infrarosso in falsi colori, permette di ottenere informazioni sulla diversa natura chimica dei pigmenti presenti nell’opera e sulla loro distribuzione spaziale nella pellicola pittorica. E’ una tecnica di indagine estensiva e non invasiva, è complementare altre indagini puntuali (esempio la XRF). Consente di differenziare le aree con simile cromia nel visibile e che mostrano differenti risposte spettrali nell’infrarosso. Questo diverso comportamento viene evidenziato mediante diversa colorazione (falsi colori) rispetto a quelli che normalmente si percepiscono (fig. 3).
Gli azzurri nel visibile, ad esempio quelli appartenenti al cielo, conservano un colore simile anche nell’immagine del falso colore IR, mentre, gli azzurri di alcuni dettagli (l’impugnatura dell’arco e della spada del soldato seduto in primo piano) e di alcune figure come l’arciere, il cavaliere, lo scudo del soldato, la parte superiore del vessillo, la cupola e parte di una tenda, assumono una colorazione tendente al ‘vinaccia’. In queste zone con molta probabilità è stato utilizzato un pigmento associabile all’oltremare naturale (fig. 4).

 

Analisi XRF, SEM-EDS, GC-MS

Le analisi XRF hanno permesso di individuare gli elementi chimici riconducibili alla pellicola pittorica e agli strati preparatori sottostanti. I prelievi, finalizzati all’allestimento di sezioni stratigrafiche e al riconoscimento dei pigmenti e dei leganti, sono stati effettuati in un secondo tempo, tenendo conto dei risultati ottenuti con le analisi non invasive. Il colore è applicato su una preparazione a gesso e colla. Per gli azzurri sono stati impiegati l’azzurrite, mescolata a bianco di piombo (fig. 5); le immagini SEM relative a questa sezione stratigrafica (fig. 6) e le relative mappe EDS (figg. 7, 8, 9).In alcuni particolari è stato impiegato anche blu oltremare. I verdi sono a base di rame (verde rame e malachite), talvolta mescolati a giallo di piombo e stagno per modularne la resa cromatica. Per i gialli sono stati impiegati giallo di piombo e stagno e ocre gialle. Il colore rosso è stato ottenuto prevalentemente con il cinabro, con spesse velature di lacca rossa; è stata utilizzata anche l’ocra rossa. Per i bianchi è stato impiegato bianco di piombo. Il legante del pigmento (analisi GC-MS) è olio di lino e uovo.

 

Riflettografia IR

La riflettografia IR ha rivelato la presenza di un accurato disegno preparatorio utilizzato per la strutturazione del dipinto. Nella fig. 10 appare evidente che il disegno di dettaglio dei personaggi si sovrappone all’abbozzo delle strutture già tracciato in una fase iniziale della composizione del dipinto. Qualche modifica viene effettuata anche nella composizione dei personaggi, come evidenzia la rimozione del cappello della figura a sinistra in fig 11: nella stesura finale viene scelta la raffigurazione a capo scoperto.
La sequenza multispettrale in fig. 12 mostra come uno dei vessilli sia stato rimodulato ben tre volte con insegne differenti. L’opzione finale scelta dall’artista ricade sul vessillo a tre corone che contrassegna l’impero ottomano del sultano Maometto II.
In fig. 13 infine si individua attraverso le indagini, negli strati profondi della tela, uno schizzo completamente estraneo al tema del dipinto: sembra raffigurare il profilo di un corpo di animale con una testa umana e potrebbe essere situato anche al di sotto dello strato della preparazione.

 

Radiografie

L’indagine radiografica è stata eseguita da Paolo Spezzani, nel 1984, del Laboratorio scientifico della Soprintendenza di Venezia, nell’occasione dell’intervento di restauro effettuato da Ottorino Nonfarmale negli anni 1982-85 che ha interessato l’intero ciclo di sant’Orsola.

Per quanto riguarda la tecnica di esecuzione del dipinto, l’esame dell’RX eseguito nell’occasione del precedente restauro ha permesso di rinvenire la traccia materiale che testimonia la marcatura di un punto di fuga della prospettiva. Si tratta quasi certamente di una piccola stuccatura irregolare posta quasi al centro del torrione isolato e collegato alla terraferma dal ponte levatoio. Un segno analogo si rileva anche nella riflettografia eseguita a lunghezza d’onda maggiore, sotto forma di un minuscolo puntino bianco cerchiato in nero (fig 14).

I radiogrammi consentono di apprezzare bene la forma geometrica e le dimensioni degli inserti applicati al telo di sinistra, uno dei tre che compongono l’intero supporto. Il primo inserto è collocato nell’angolo in basso a sinistra, il secondo, in zona quasi centrale, rispetto alla larghezza dello stesso telo.

I radiogrammi mostrano i danni e le abrasioni presenti, e inoltre evidenziano la diffusione e l’andamento del cretto (figg. 15 e 16). Le line rette bianche visibili nei radiogrammi sono prodotte dai fili utilizzati per la successiva mosaicatura delle singole immagini.

 

Analisi del supporto tessile

Le indagini finalizzate alla conoscenza del supporto tessile dipinto consistono in osservazioni effettuate direttamente sull’opera con l’ausilio di uno stereomicroscopio o lenti di precisione e osservazioni al microscopio ottico a luce trasmessa di microcampioni idoneamente prelevati. quest’ultime condotte nel laboratorio di biologia. I risultati denotano che il supporto è stato ottenuto unendo tre teli ad armatura diagonale (fig. 17), ricavati da una stessa pezza in quanto sono stati individuati, per le tre parti, i medesimi valori dei parametri merceologici che caratterizzano un tessuto. Inoltre sono stati studiati  i caratteri diagnostici delle fibre costitutive (fig. 18) risultati, per i tre i teli, attinenti alle fibre di lino (Linum usitatissimum L.). Dalle osservazioni microscopiche si evidenzia anche una parziale lavorazione delle fibre effettuata dopo l’estrazione dagli steli delle piante.

 

Interazione meccanica tra telaio e dipinto su tela

In generale, un telaio elastico permette al dipinto di modificare le proprie dimensioni e cercare nuove situazioni di equilibrio, conseguenti alle variazioni delle condizioni termoigrometriche ambientali (fig.19). Il sistema di tensionamento è costituito da un telaio ligneo rigido interno, da dispositivi metallici che comprendono lunghi perni filettati e molle elicoidali, e infine, da quattro elementi lignei mobili esterni. Su questi ultimi è vincolato il dipinto mediante chiodatura. Tali meccanismi costituiscono la parte attiva del sistema elastico e forniscono il tensionamento desiderato (fig. 20).
Un aspetto negativo dell’attuale assetto dei meccanismi, è quello di generare una forza, che non è interamente sfruttata per tensionare il dipinto, poiché una parte di essa viene ad essere equilibrata dal  telaio rigido.
Dalla struttura è stata prelevata una molla metallica, quella inferiore del lato destro, osservando dal verso del dipinto (fig. 20).  E’ stata sottoposta a prova meccanica di compressione tramite dinamometro per misurarne le caratteristiche reologiche e quindi determinarne la costante elastica K.
I calcoli hanno fornito per la costante elastica K il valore di 9,73 N/mm, ne consegue che la molla genera localmente una forza pari a 386,2 N.
Con le ipotesi che le molle abbiano la medesima costante elastica e uguale deformazione di contrazione, si può calcolare il tensionamento teorico generato dal sistema.  Si ottiene per i lati corti un tensionamento che produce una sollecitazione lineare di 12,1 N/cm;  mentre per i lati lunghi comporta un tensionamento che genera una sollecitazione lineare di 13,8 N/cm. Tra i due valori teorici calcolati si evidenzia una differenza pari a 1,7 N/cm.
I calcoli mostrano livelli di tensionamento molto alti, ma è necessario ricordare che questa tensione non è applicata realmente al dipinto, perché una quota consistente viene ad essere equilibrata dal telaio rigido interno. Con questa configurazione sussiste la difficoltà di determinare il valore del tensionamento esclusivamente applicato al dipinto.

 

 


[1] In collaborazione con il Laboratorio Scientifico della Misericordia del Polo Museale Veneziano e il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Parma