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Presentato il 1° luglio in Campidoglio il nuovo allestimento dello Stendardo di San Giorgio

Data: 04/07/2014

Il grande gonfalone, fortemente legato alla storia della città di Roma, era stato restaurato negli anni Novanta presso l'ISCR. La nuova vetrina nella sala del Medioevo dei Musei Capitolini offre condizioni ottimali di conservazione e visibilità.

E’ stato inaugurato all’interno della Sala Medievale dei Musei Capitolini il nuovo allestimento dello Stendardo di San Giorgio restaurato a cura dell’Iscr. All’evento di presentazione erano presenti il Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali Claudio Parisi Presicce con la funzionaria responsabile Elena Di Gioia e il Direttore dell’Iscr Gisella Capponi.

Lo stendardo, datato alla fine del Duecento, è il più antico esemplare di bandiera realizzata in seta e cuoio noto in Italia. Fu probabilmente commissionato da Jacopo Caetani Stefaneschi (Roma 1270 circa - Avignone 1343), cardinale titolare della basilica romana di San Giorgio al Velabro dal 1295 al 1301, dove fu originariamente conservato.

Identificato come la “Bandiera del Popolo Romano”, lo stendardo originalmente visibile su entrambe le facce, veniva appeso ad un’asta orizzontale ed esposto nelle processioni civili e religiose che scandivano i momenti salienti della vita della città. Trasferito ai primi del Novecento dal Velabro al Vaticano, fu poi donato al Comune di Roma nel 1966 da Papa Paolo VI, in occasione della sua visita ufficiale in Campidoglio, ed esposto in Palazzo Senatorio nella Sala delle Bandiere (foto 1 della Galleria).

La scena raffigurata è tratta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine e rappresenta San Giorgio a cavallo mentre infigge la lancia nelle fauci del drago, al cospetto della principessa, mentre, in lontananza, si vede il castello con i genitori della fanciulla affacciati sulla scena. Nella parte alta dello stendardo vi è la scritta in lettere gotiche: S. GEORGIUS.

Nonostante sia degradato e frammentario mantiene le dimensioni imponenti: è alto m 4,20 e largo m 2,80. E' composto da sette fasce di seta rossa larghe poco più di 40 cm che nella parte inferiore vengono lasciate separate a formare delle “code”, bordate con una bassa frangia in seta verde, rosso, avorio, giallo e azzurro.

La tecnica della bandiera è particolarmente elaborata: si tratta infatti, di un intarsio in seta rosso, avorio, celeste giallo chiaro, giallo scuro, rosa e marrone (i colori risultano ormai attenuati, soprattutto sul diritto della bandiera). Alcuni particolari sono applicazioni in cuoio dipinto: la testa, le mani e la lancia di San Giorgio, la mano destra, le scarpe e la decorazione del vestito della principessa, le teste del Re e della Regina sporgenti tra i merli del castello.

Intorno al 1933 lo Stendardo di S. Giorgio è stato restaurato nel Laboratorio di restauro Arazzi dei Musei Vaticani, dove si decise di supportarlo interamente con una seta avorio dipinta in modo tale da restituire una leggibilità ai frammenti rimasti.

Lo Stendardo è pervenuto all’Istituto Centrale per il Restauro in avanzato stato di degrado nel 1992. Il lungo ed estremamente complesso intervento di restauro, diretto da Rosalia Varoli e affidato a Natalia Maovaz, ha sostanzialmente rispettato anche il precedente restauro. Nelle fasi conclusive (2003) l’intervento è stato svolto anche nell’ambito dell’attività didattica, con le allieve del 55° Corso ISCR.

L’ultima complessa fase, eseguita dalle restauratrici Silvia Checchi e Manuela Zarbà, ha riguardato l’allestimento permanente, su un nuovo telaio in alluminio e acciaio forato, molto più sottile e leggero del precedente, appositamente progettato per la vetrina studiata per la sua ottimale conservazione, realizzata dalla ditta Goppion.

Visita la pagina del sito di Goppion Spa dedicata alla nuova vetrina

Visita la pagina del sito dei Musei Capitolini dedicata alla notizia

Nella fototesto: uno scorcio della sala del Medioevo, Palazzo dei Conservatori, Musei Capitolini, Roma. A sinistra, lo Stendardo di San Giorgio custodito nella nuova vetrina; sullo sfondo, il Monumento onorario a Carlo I d’Angiò di Arnolfo di Cambio (1277 ca.).