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Tibiae, Museo degli Strumenti Musicali, Roma
presentazione
Il restauro di una doppia tibia romana ci ha offerto l’occasione di studiare approfonditamente gli aspetti tecnologici di tale strumento musicale.
Le tibiae romane discendono dagli auloi greci che si compongono di due tubi divergenti costituiti da una canna, perforata da un certo numero di fori e da un’ancia. L’auleta li suonava contemporaneamente, ognuno con una mano e per questa ragione si parla di auloi al plurale o tibiae. Le tibiae erano spesso a canna cilindrica e realizzate in osso od avorio. Il suono era prodotto dalla vibrazione dell’ancia indotta dal soffio del suonatore. I suonatori di auloi e tibiae adottavano una fascia (phorbeia) per trattenere i due strumenti alle labbra; essi si ricongiungevano solo nella bocca. Il suonatore impugnava in ogni mano una canna con il pollice sul lato inferiore. Nella Grecia antica gli auloi avevano da tre a cinque fori, numero che è aumentato successivamente durante il periodo romano.
Inizialmente l’aulòs era intagliato nella specie vegetale harundo donax (canna). Più tardi questa materia fu abbandonata per avorio o osso, legni preziosi, o metallo. Il termine romano “tibiae” deriva probabilmente dal materiale con cui lo strumento era prevalentemente costruito (tibie di animale).
Il lavoro di restauro si è svolto sotto la direzione di Roberto Petriaggi. Si ringraziano inoltre Barbara Davidde, Giorgio Tavlaridis, Giovanni Tardino e Orlando d’Achille per i loro suggerimenti e la cortese collaborazione.